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Emanuel Pimenta-johncage

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a cura di Emanuel Pimenta e Lucrezia De Domizio Durini

Il versatile artista Emanuel Pimenta, considerato concettualmente il figlio spirituale di Cage, ha collaborato per anni in linea diretta con John Cage. Possiede rari documenti storici: tra questi, l’unico magistrale lavoro fotografico del famoso loft di Cage, luogo creativo dove lo spazio rappresentava per il compositore materiale spirituale di suoni e rumori per comporre la sua ineffabile musica.
La musica di Pimenta e di Cage ha fatto anche da sfondo alle rappresentazioni del famoso coreografo Merce Cunningham, amico fraterno di entrambi i musicisti.
L’evento di Venezia, Silenzio, testimonia ancora una volta le magistrali traslazioni personali compositive video e musicali dell’artista Pimenta, che trasmettono al fruitore la sua singolare creatività personale e nel contempo ricordano l’irripetibile storia della musica mondiale.

John Cage 100 anni. Silenzio
Inaugurazione: 30.11.2012, ore 17.30


calizza, carotti, el gato chimney, pannacchiò, varuna- surreality show

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Direzione artistica Sofia Francesca Micciché
Curatela e testi critici Julie Kogler

Dopo un primo capitolo romano presso lo spazio Officina 468 di Roma nell’ autunno del 2012 il progetto Surreality Show sbarca in laguna per rinnovare il suo appuntamento con il pubblico.

Guarda il video di "Surreality show" sul nostro Canale YouTube

Guarda il video di “Surreality show” sul nostro Canale YouTube

Surreality Show si antepone ai sempre più diffusi reality show in stile “Big Brother” dove mediante la cronaca scandalistica vengono lanciate le esche al pubblico di voyeur.

Gli artisti di Surreality Show, invece, si prefiggono di generare un rapporto vis-a-vis con il pubblico, uno scambio di idee e di riverberi reciproci mediante cui l’osservatore non si degrada come soggetto passivo ma dove egli può trovare insolite interpretazioni del mondo in un’interazione dinamica con l’artista.

Tutti e cinque si dilungano in citazioni di epoche passate e presenti, attingendo alla storia dell’arte, alla letteratura ma anche all’odierna cultura popolare, che traducono in pittura, disegno e collage in un “pot pourri” immaginifico dal quale trapela una percezione della nostra società come concatenazione di eventi piuttosto surreali.

La vita contemporanea, cyber e mass-mediale, veloce ed esuberante, individualistica ma anche comunitaria, nell’opera del gruppo emerge nelle metafore visive di un immaginario sorprendente e sur-reale.
L’artista romano Elio Varuna, che conta numerose esperienze espositive in Europa, Asia e in America, esercita la sua arte poliedrica mediante tante forme espressive, trasponendo ludicamente la sua critica verso il sistema di valori della società odierna, che contrappone alle apoteosi di epoche passate.
Dalle equilibrate geometrie dipinte di Jonathan Pannacciò si cristallizzano elementi sacri e profani, ordinari e straordinari, tutti stilizzati e incastonati nei netti contorni disegnati che corrono lungo la linea tra l’astratto e il figurativo.

L’artista Cristiano Carotti può essere considerato un moderno espressionista, che cattura la veemenza e la velocità dei nostri tempi nelle pennellate energiche delle sue tele, incarnando uno spirito libero e vagante che prende spunto da ogni ambito della vita.Esordito sulla scena della street art milanese, oggi El Gato Chimney crea anche disegni e dipinti che si popolano di numeri, simboli e oggetti animati e sospesi in scenari onirici come fossero racconti folcloristici narrati da esseri dalla morfologia ibrida.
Alessandro Calizza s’ispira ai vivaci fermenti del nuovo figurativismo per la sua pittura surreale, in cui dei misteriosi alberi spogli e degli allucinati funghi monoculari devono confrontarsi con momenti inediti che si risolvono in allegorie dipinte.

Info: www.surrealityshow.it

Immagine di copertina: Elio Varuna, Ragione e Sonnolenza

simone ligabue – diritto d’arte

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A cura di Roberta Semeraro

L’indagine di Simone Ligabue analizza i rapporti tra arte, crimine e diritto assumendo lo scarto semantico quale vero e proprio mezzo conoscitivo. Il procedimento dello scrittore reggiano consiste nel richiamare enunciati della scienza giuridica e formulari in uso tra i soggetti che a vario titolo intervengono in un procedimento giudiziario, insinuando in quei repertori linguistici un sospetto polisemico ora palesato in configurazioni plastiche.

In un serrato confronto tra la verità cifrata dell’arte e l’esigenza di certezza del diritto, tra il demiurgo del motto di spirito e il giurista del rigor legis, Simone Ligabue riattiva la tradizione dell’umorismo nero e individua nell’idea di reato immaginario la sintesi della sua ricerca.

Nell’immagine di copertina: No smoking, libro in 50 esemplari a stampa numerati e firmati, Folini Arte Contemporanea ed., Chiasso, 2007

 

Guarda la performance di Simone Ligabue: “Omicidio?”

Guarda il video sul nostro Canale YouTube

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gianni moretti – la bell’ra (studi per un monumento all’attenzione)

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Curatrice: Susanna Sara Mandice

Silenzioso e discreto, il monumento immaginato da Moretti desta le coscienze, invita all’attenzione. L’attenzione è tanto un processo cognitivo diretto a un oggetto preciso, quanto sinonimo di cura, premura.
L’esercizio di Moretti contiene entrambe le definizioni: invita alla concentrazione e si dedica a uno dei temi sociali più urgenti, lo arricchisce, lo consegna ad altri.
Senza urlare, pacatamente.
Partendo da un fatto di cronaca riguardante l’omicidio di una donna, l’artista progetta un monumento nel quale una falena sbatte le ali contro un vetro.
Simboleggiando le anime dei morti che non trovano pace, vola frenetica, incessantemente, in un moto apparentemente disarmonico e caotico. Un’icona luminosa che serenamente libera una calda potenza, cattura lo sguardo e ipnotizza. La mostra diventa un tempio laico nel quale sostare e pensare.

Immagine in copertina: Gianni Moretti, La Bell’ra (studi per un monumento all’attenzione)

antonia trevisan – synaptic space

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A cura di Roberta Semeraro

Dalle avanguardie in poi si è molto discusso della complessità della struttura visiva e delle interrelazioni tra l’immagine della realtà e la realtà stessa delle cose.

Antonia Trevisan, maestro d’arte e di tecnica d’arte, con l’installazione Synaptic Space invita lo spettatore ad entrare nello spazio dove ha origine la prima comunicazione o connessione ; quella tra l’essere e il proprio corpo. Una quarta e più profonda dimensione dove il tempo gioca un ruolo fondamentale. Questo paesaggio che riaffiora nella trasparenza della memoria in quattro momenti diversi, è la sottrazione dell’esperienza empirica alla realtà.

Che cosa rimane della realtà nella mente di un uomo che correndo attraversa dei luoghi? L’artista trova le sue risposte in questo spazio fisico e metafisico, che diventa luogo di riflessione dove è possibile ogni con-templazione e con-fronto, dove sono benvenuti scienziati, filosofi, poeti, letterati, artisti e l’umanità di ogni genere.

Perché l’unica vera grande conquista dell’uomo moderno è questa visione universale del mondo dove tutto interagisce con tutto e l’arte, come dimostra l’artista, può cogliere l’essenza delle cose.

Immagine di copertina: Antonia Trevisan, Paesaggio

laboratorio teatrale istituto penale minorile di treviso – inediti legami

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Autore: Roberto Franzin

Questo video di teatro-danza racconta una storia che parte da una situazione di angosciosa solitudine e del dramma esistenziale a cui essa può portare e arriva a un finale di partecipe positività, attraverso l’aiuto solidale. Il percorso è raccontato dai giovani ospiti della struttura penale, che reinterpretano con il loro corpo otto quadri famosi nella storia dell’arte, scelti come riferimento per caratterizzare i sentimenti e le emozioni che si volevano esprimere.

Hanno collaborato una dozzina di ragazzi di Europa, Africa, Asia e America Latina, superando insieme al loro insegnante-regista, grazie al confronto, all’impegno, alla solidarietà,  le difficoltà legate alla loro condizione di “ospiti” di una struttura definita da Don Ciotti come il peggiore istituto minorile in Italia – e acquisendo la fondata speranza di poter riprovare.

solidea ruggiero – io che non conosco vergogna

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Post fazione di Gian Ruggero Manzoni
Presentazione del libro (Edicola Ediciones)
Presentazione: 14 aprile ore 18.00

Le relazioni umane in tutti gli strati. Le persone, come le parole, si intrecciano in scenari inaspettati. I racconti e la scrittura della Ruggiero, a volte simile alla struttura della poesia, portano alla scoperta dell’umanità di fondo. Anche dietro a volti sicuri, a situazioni difficili o fuori dal comune, i desideri salgono a galla. Come le parole non dette.

Solidea Ruggiero, Io che non conosco vergogna, Edicola ediciones
Solidea Ruggiero nasce a Genk (Belgio) nel 1976. Pubblica in varie riviste di letteratura e arte contemporanea, tra le quali UT, Prospektiva, Night Mag e il sito Unonove. Nel 2011 partecipa alla 54 Biennale di Venezia, con un testo scritto e interpretato per una video installazione di Marco Agostinelli.

fabrizio loiacono, glance off it

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A cura di Robert Phillips

“Glance off it”:  parole o termini che cosi assemblati possono indicare di come un oggetto può essere deviato da una traiettoria ma possono anche significare, o meglio descrivere, l’atto di dare uno sguardo di sfuggita o uno sguardo al di fuori di qualcosa, visioni laterali e ambigue, dunque, che ben descrivono questi lavori del fotografo Fabrizio Loiacono.

Perché laterale è lo sguardo che ha potuto vedere certi minuti particolari di un paesaggio, uno sguardo che forse ha visto troppo, troppe sollecitazioni e troppe suggestioni, troppo di tutto, è lo sguardo di chi, abituato ad inquadrare e scattare immagini della luce e delle tenebre di ciò che lo circonda, ha finalmente trovato il tempo ed il modo di posarsi su certe suggestioni minime, a cercare un riposo, quasi una dieta dell’anima, accettando di vedere le sottili trame che compongono l’insieme di quello che chiamiamo realtà, soggetti ed oggetti altrimenti sepolti  in intrecci complessi, semplici  dettagli che nell’insieme sarebbero scomparsi, ma che, ricercati e voluti, rendono compiuta, senza altre sovrastrutture, la complessa trama del reale.

Abstract drawings 1 R Sono scatti d’inconsueta e attenta descrizione del reale ma danno un senso di attesa come se una vista più ampia potesse spiegare il loro scopo, il perché di certe forme inattese. Ma sarà proprio nel minimalismo di queste strutture che si potrà trovare la chiave per conoscere l’insieme, per attribuire alla materia un imperativo potere di formazione o ricercarne la dissoluzione in forme elementari, simbolici preamboli all’esistente, tracce e simboli di una scrittura effimera raccontano deserti e rocce, scansioni ritmiche, in apparenza architettoniche, che sono parte di esseri viventi.Complementi che dilatano la spazialità di un involucro e che costituiscono il trapasso tra il contenuto e il contenente, linee, fori o tracce indistinte, che, anche se non inserite in un impianto prospettico, in un orizzonte complementare, descrivono se stesse rinunciando al contesto, in una realtà continua che fa da tramite tra la raffigurazione pura e semplice e l’astrattismo simbolico. Cosi restano, con uno stile che è di fondo naturalistico, tessere di un mosaico che descrivono, in modo conciso e drastico, paesaggi in cui il passare e il divenire delle opere di natura sembrano non lasciare tracce, ma che invece lascia grafie ben distinte comprensibili solo da chi, rinunciando alla semplice raffigurazione paesaggistica, ne sappia interpretare, ma soprattutto raccontare, i reconditi significati.
Abstract drawings Romania R 2
The snake 2 R

 

Informazioni utili
Vernissage: 4 aprile ore 18, ingresso libero
Dal 5 aprile all’11 maggio 2014, da martedì a domenica, 11.00-19.00

Ingresso libero


lifting the curtain

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L’Officina delle Zattere collabora anche quest’anno ad un evento ufficiale della Biennale: la mostra “Lifting the curtain”, organizzata dalla Fundacja Polskiej Sztuki Nowoczesnej – Polish Modern Art Foundation di Varsavia e selezionata fra gli Eventi Collaterali, intende analizzare i rapporti tra i gruppi e le correnti architettoniche dell’Europa Centrale nei momenti più significativi del ventesimo secolo.

Il contributo dell’Europa centrale alla formazione e alla diffusione della modernità è tutt’ora in gran parte sconosciuto o visto come un episodio marginale nella storiografia del dopoguerra.
Questo progetto intende offrire una prospettiva diversa sui momenti cruciali della storia dell’architettura, sottolineando il contributo delle diverse nazioni e delle diverse discipline, che costituiscono i rapporti dell’architettura moderna.Lifting the curtain gialla
La mostra è la prima parte di una ricerca sullo sviluppo dell’architettura come risultato di complesse interazioni tra produzione materiale e immateriale, dove molti attori costruiscono reti e condividono le conoscenze. Non si focalizza sugli elementi, ma sui meccanismi di produzione.

I suoi temi iniziali descrivono le reti e i fattori che hanno formato e caratterizzato la cultura architettonica fino agli Stati socialisti, tracciando collegamenti tra le diverse identità nazionali e le sue interpretazioni. Fasi successive riguardano gli adattamenti postmoderni durante i periodi di trasformazione, e l’impatto dei progetti del 20 ° secolo sui processi in corso.

Verrà creato infine un “archivio aperto” all’interno della mostra, al fine di stimolare il dialogo tra i centri di architettura più attivi della Regione e costituire nuove reti.

Informazioni utili
Dal 7 giugno al 23 novembre 2014, da martedì a domenica, 10.00-18.00 presso il Centro Culturale Don Orione Artigianelli, Dorsoduro 919- 30123
, Venezia. Ingresso libero
Per maggiori informazioni potete visitare il sito www.t-r-a-c-e.net/Lifting-the-Curtain-exhibition

 

incontri d’arte

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organizzata da Platinum Collection

Virgilio Guidi, Le grandi teste - 1969All’Officina le opere di grandi maestri del ‘900 incontrano i lavori di artisti contemporanei emergenti.

Agli artisti che hanno rinnovato la tradizione figurativa vivendo e lavorando a Venezia, come Virgilio Guidi, Armando Pizzinato, Anton Zoran Mušič, Felice Carena, sono accostati il cadorino Fiorenzo Tomea e Juti Ravenna.
L’orientamento non figurativo, che ebbe un importantissimo ruolo nell’avvicinare la pittura italiana alla cultura artistica europea del ’900, è rappresentato da Antonio Corpora, Emilio Vedova e Riccardo Licata.

Felice Carena - Natura morta - anni '60
L’incontro fra le loro opere e gli oltre 120 lavori selezionati per l’esposizione evidenzia il lascito del secolo passato nell’arte italiana contemporanea, in cui le tendenze figurative si alternano ad altre post-espressioniste o astratte e gli artisti, alla ricerca di una propria rappresentazione del pensiero, del mondo e della storia, si affidano alle tecniche tradizionali (pittura, scultura o grafica) pur reimpiegandole in modo innovativo.

A dimostrazione di questa ricerca, gli organizzatori hanno pensato tre omaggi retrospettivi. Il primo è dedicato agli olii dell’istriana Dalma Bresolin (1923 – 2001), caratterizzati da colori brillanti e da accostamenti fra forme reali ed elementi astratti; il secondo omaggio è a Mauro Grumo (1925 – 2010), all’intensa cromia e al vigore del segno delle sue opere, mentre il terzo ricorda lo scenografo Guido Galli (1890 – 1944) e la sua grande passione per gli acquerelli, che utilizzava sia per i bozzetti teatrali sia per dipingere temi più quotidiani, come i soggetti floreali.

Infine, gli Avvertimenti espressivi di Luciano Trevisan, noto pubblicitario e pittore, ricordano ai visitatori “40 anni di avvenimenti e disattenzioni dell’uomo”.

La mostra, organizzata da Platinum Collection a cadenza biennale, è giunta quest’anno alla sua terza edizione e sarà presentata da Vittorio Sgarbi domenica 9 novembre alle ore 18,00.

Info
vernissage 09 novembre 2014 ore 18.00
dal 09.11 al 23.11.2014
da martedì a domenica, ore 11.00-19.00
ingresso libero
catalogo: Platinum Collection

giorgio faletti – da quando a ora

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A cura di Tiziana Leopizzi

“Da Quando a Ora” è il momento tanto atteso: musica pittura e letteratura, espressioni di un unico sentire, finalmente in un fitto dialogo grazie al lessico comune, che le permea e le sottende. È una vera conquista per Giorgio Faletti la pacifica e consapevole convivenza di queste sue diverse anime, tutte dotate di prorompenti personalità a tratti in conflitto tra di loro… Difficile e complicato soprattutto per il diretto interessato che combatte per non farsi squassare da queste “prepotenti” vite parallele che reclamano o meglio reclamavano la propria totale indipendenza l’una dall’altra.
E le opere in mostra studiate per questo spazio, le tele, le carte dove il ritmi della musica sono la cadenza della pittura dedicata in modo così sentito a John Cage, entrano nelle righe dell’ultimo libro nato tra una pennellata e una nota in una sinfonia interdisciplinare.

Da quando a ora
Inaugurazione 30.11.2012, ore 17.30

padiglione nazionale del guatemala per la 56a biennale d’arte

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Commissario: Daniele Radini Tedeschi
Curatori: Carlo Marraffa, Stefania Pieralice, Elsie Wunderlich
Opere di:  Sabrina Bertolelli, Mariadolores Castellanos, Max Leiva, Pier Domenico Magri, Adriana Montalto, Elmar René Rojas, Paolo Schmidlin, Mónica Serra, Elsie Wunderlich, Collettivo La Grande Bouffe
Collaborazioni: Daniele Accossato, Monica Anselmi, Luigi Bianchini, Ennio Calabria, Luigi Citarrella, Teresa Condito, Maurizio Gabbana, Garullo & Ottocento, Carlo Guidetti, Marisa Laurito, Carmelo Leone, Carlo Maltese, Carlo Marraffa, Fatima Messana, Paolo Residori, Salvatore Ruggeri, Jucci Ugolotti

 

Il tema della mostra trae sì ispirazione dal libro di Mann, dal film di Visconti, dall’opera di Britten, ma soprattutto affronta il concetto della “morte-finitudine” intesa come decadenza e perdita valoriale nella società contemporanea, il tutto però espresso attraverso il linguaggio della gioia e del colore, tramite un approccio dolce e lezioso.
Esemplificativo a tal proposito è lo scenario offerto dal cimitero di Chichicastenango, in Guatemala, dove le tombe sono coloratissime, i bambini giocano tra i loculi, i ragazzi si baciano e gli anziani ridono tra le lapidi. Direttamente dai riti Maya, il lutto conserva i suoi colori: tombe bianche per i padri, turchesi per le madri, blu per i bambini, gialle per i nonni.
In questa mostra artisti guatemaltechi e internazionali si confronteranno  sul tema della morte rivivendo una  situazione affine a quella di Gustav von Aschenbach, invecchiato ma affascinato dalla bellezza del giovane Tadzio e per questo incipriato da un trucco caricaturale; allo stesso modo l’Arte, oggi “senile” e morente, tenterà un ringiovanimento artificiale.
Per Gino de Dominicis infatti l’arte sumera – nel nostro caso quella maya-  era “giovane” mentre quella a lui contemporanea “vecchia”, attraverso un metro essenzialmente cronologico.
Venezia così diviene la scenografia perfetta per questo paesaggio dell’anima, commistione tra gusto Rococò, carnevalesco e festoso, fuso assieme ad un senso di melodramma solenne.
L’inseguimento di una Bellezza, evocata tramite immagini contraddittorie e spesso vistose, è come il belletto, un palliativo grottesco e visibile, incapace di nascondere la morte. E quel trucco altro non è che il variopinto cromatismo delle tombe guatemalteche, un modo per esorcizzare la fine dell’uomo e umanizzare il trapasso.
In più tutta l’esposizione  recherà in ogni opera un easter egg, una traccia segreta e accessibile solo dietro una riflessione, ennesima maschera atta a nascondere una realtà alternativa.
In un gioco di sovrapposizione di ruoli, frutto di un rapporto scherzoso e osmotico, gli artisti italiani conferiranno ai guatemaltechi tocchi maya e spinte coloristiche, al contrario il Guatemala offrirà esempi di arte “diluita e influenzata” dal colonialismo. Sarà presente quindi una poligamia artistica multicolore, priva di frontiere, con gustose scenografie e combinazioni tra sacro e profano.
Accanto agli espositori invitati figureranno i collaboratori, artisti anch’essi, simili alle maestranze quattrocentesche, ossia personificazioni di un mestiere a tutto tondo, uniti assieme nel grande affresco della vita.

 

Info utili
Vernissage: 8 maggio 2015, ore 15.30
Orari di apertura: dal 9 maggio al 22 novembre,
martedì-domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

 

padiglione nazionale grenada per la 56a biennale d’arte

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Commissario: Ministero della Cultura di Grenada
Curatori: Susan Mains, Francesco Elisei
Opere di: Oliver Benoit, Asher Main, Maria McClafferty, Carmine Ciccarini, Giuseppe Linardi, Francesco Bosso, Susan Mains

Per la prima volta alla Biennale di Venezia, il Grenada inaugura il Padiglione Nazionale con Present Nearness a cura di Susan Mains e Francesco Elisei. Racchiusa nella cornice storica della Sala Tiziano, l’esposizione presenta diverse interpretazioni artistiche sull’attuale “stato delle cose” del mondo disordinato di All the World’s Futures.
In mostra, una ricca serie di opere caratterizzate dall’uso di vari medium artistici: Oliver Benoit dipinge astrattamente, aggiungendo e sottraendo strati di vernice che rispecchiano la sua ricerca sociologica, Asher Mains propone dipinti e video in cui è possibile notare la visione intima dell’artista, Maria McClafferty crea una struttura in vetro e acciaio in cui esplora la sofferenza femminile.
L’inclusione di lavori di artisti come Carmine Ciccarini, Giuseppe Linardi e Francesco Bosso allargano l’orizzonte della mostra, conferendole un’impronta internazionale.
Il percorso espositivo si conclude con un’installazione di Susan Mains, realizzata per commemorare le vittime delle recenti violenze in Nigeria. L’opera, composta da vestiti stesi a terra accompagnati da oggetti di uso quotidiano, sarà esposta alle intemperie per tutto il periodo della Biennale, a simboleggiare come il deterioramento degli indumenti ricordi la violenza umana.
Present Nearness porta alla Biennale tematiche sociali attraverso una decodifica artistica del reale.

 

Info utili
Orari di apertura: dal 9 maggio al 22 novembre,
martedì-domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

diagonal-symphonie

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Mostre personali di Gino Baffo, “Lights in Darkness” (a cura di Robert Phillips), Gianfranco D’Andrea, “Muta poesia” (a cura di Gaia Conti), Alain Giustiniani, “Venezia tra sogno e realtà” (a cura di Brigitte Giustiniani), Enzo Montagna, “Ororosso” (a cura di Francesca Rizzo), Maurizio Montesoro, “Less is More/Meno è meglio” e Paolo Vannuccini, “ANITYA. The invisible wall” (a cura di Gaia Conti).

Diagonal-Symphonie è un film del 1924, diretto dal regista tedesco Viking Eggeling – un inno alla capacità evocativa delle forme, alla bellezza dei cicli ricorsivi, alla potenza dei processi di trasformazione, rappresentato da una forma inclinata che, danzando sullo schermo, continuamente genera altre forme, sparisce e rinasce.

La “sinfonia diagonale” dell’Officina delle Zattere è una successione non rigida di esperienze artistiche che meditano sugli stessi temi: la forma, il passaggio del tempo e i ricordi, la rappresentazione e la semplificazione.

Senza seguire un percorso predeterminato fra le sale, il visitatore potrà ascoltare il dialogo fra i lavori di Gianfranco D’Andrea, che racconta poeticamente di paesaggi, spesso riconoscibili, da un punto di vista diverso e originale, storie a sé, ma parte di una narrazione più ampia, e le opere di Alain Giustiniani, espressione della sua esperienza di Venezia, trascrizione di un’emozione venata di malinconia o di poesia, che intendono restituirci al di là della realtà.

Oppure immaginare delle sottili affinità elettive fra la ricerca di Gino Baffo, che ritrae una Venezia fatta soprattutto di voci, parole e persone che lasciano solo ombre nella nebbia e di cui rimangono a ricordo pochi oggetti che galleggiano nell’acqua scura dei canali più profondi, e le tele di Maurizio Montesoro, che volutamente non descrivono un mondo ma lo evocano, attraverso un processo di svuotamento, alleggerimento, sottrazione.

O ancora destreggiarvi fra la meditazione sull’impermanenza, sulla circolarità e la ri-nascita da un passato presente di Paolo Vannuccini e infine raggiungere le vigorose e calde composizioni, le storie di vita, di uomini e di oggetti portatori di ricordi di Enzo Montagna.

Info

vernissage: giovedì 2 aprile ore 18.00

dal 3 aprile al 26 aprile 2015

da martedì a domenica, dalle 11 alle 19

ingresso libero

Emanuel Pimenta-johncage

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a cura di Emanuel Pimenta e Lucrezia De Domizio Durini

Il versatile artista Emanuel Pimenta, considerato concettualmente il figlio spirituale di Cage, ha collaborato per anni in linea diretta con John Cage. Possiede rari documenti storici: tra questi, l’unico magistrale lavoro fotografico del famoso loft di Cage, luogo creativo dove lo spazio rappresentava per il compositore materiale spirituale di suoni e rumori per comporre la sua ineffabile musica.
La musica di Pimenta e di Cage ha fatto anche da sfondo alle rappresentazioni del famoso coreografo Merce Cunningham, amico fraterno di entrambi i musicisti.
L’evento di Venezia, Silenzio, testimonia ancora una volta le magistrali traslazioni personali compositive video e musicali dell’artista Pimenta, che trasmettono al fruitore la sua singolare creatività personale e nel contempo ricordano l’irripetibile storia della musica mondiale.

John Cage 100 anni. Silenzio
Inaugurazione: 30.11.2012, ore 17.30


grazie italia

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Grazie Italia sarà una mostra che ospiterà importanti maestranze del panorama contemporaneo italiano e straniero selezionate dalla curatrice Arianna Fantuzzi.
Il titolo intende celebrare il vero “made in Italy” che da secoli contraddistingue la penisola senza escludere tuttavia quelle manifestazioni d’arte tendenti a disvelare anche gli aspetti più bui della Nazione.
La rassegna spazia dal figurativo all’astratto fino all’informale, alcune opere riflettono uno spirito patriottico mentre altre, che hanno a soggetto tematiche sociali, evidenziano con acume problemi riguardanti l’umanità tutta. Ospiti della mostra saranno anche artisti stranieri al fine di aprire un dialogo e un confronto tra differenti linguaggi espressivi nell’ambito di una prospettiva multietnica e multiculturale.

A cura di Arianna Fantuzzi
Organizzazione START s.r.l.s. con la collaborazione de LA ROSA DEI VENTI
Artisti in mostra
: Rosa Soravito, Paola Moglia, Osvalda Pucci, Giuliana Maddalena Fusari, Antonella Spinelli, Mimma Alessandra, Emanuela Fera, Gian Luigi Castelli, Franca Bellachioma, Lucio Tarzariol, George Tkabladze, Erika Calesini, Franco Paletta, Lydia Lorenzi, Mariano Pieroni, Wright Grimani, Mario Testa, Carlo Marraffa, Maria Adelaide Stortiglione, Silvio Balestra, Salvatore Alessi, Brigitta Rossetti, Giulio Ottaviani, Annamaria Volpe, Stefania Berta, Sirenes, Alessandra Mussolini, Rita Vitaloni, Gabriella Dumas Burgato, Mauro Capitani, Solveig Cogliani, Luisella Traversi Guerra, Margherita Picone, Michelangelo Venturini, Jole Caleffi, Claudio Bandini, Osvaldo Mariscotti, Alberto Magrin, Eugenio Alazio, Stefano Benazzo, Antonio D’Amico, Carla Zampieri Moiso, Reina Rozema, Laura Longhitano Ruffilli, Marilena Rango, Beatrice M.Serpieri, Giordano Ernesto Sala, Gabriella Mingardi, Ombretta Ter, Patrizia Borrelli, Lidia Bobbone, Paivyt Niemelainen, Karen Salicath Yamali, Ninni Pagano, Giovanni Boldrini, Laura Bruno, Orfeo Reda, Reol Anulao Capuno, Tiziana Monaco, Young Ae Yi, Elsie Wunderlich.

Info utili
Vernissage: 8 luglio 2015
Orari di apertura: dal 8 luglio al 8 agosto 2015
martedì-domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

Collaboriamo con “Apotheosis”

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L’installazione dell’artista Jiří David è volta a rielaborare l’ultimo ciclo del celebre pittore ceco Alphonse Mucha, proponendo una sua particolare visione del mondo e dell’arte contemporanea. L’opera originaria, Apoteosi degli Slavi: gli Slavi per l’Umanità (1926) è qui ricreata senza i suoi colori caldi, preferendo il grado primario del rapporto tra bianco e nero nella rappresentazione di artisti quali Marina Abramović, Jasper Johns, Joseph Beuys e Jiří David stesso, oltre ad altri personaggi legati al terrorismo, al fascismo e alle religioni primordiali. Gli eventi del passato e del presente si sovrappongono attraverso la decostruzione dell’opera di Mucha, permettendo un dialogo fra tempo, concetti e personaggi distanti fra loro.
Grazie alla scelta di un allestimento minimale l’attenzione è interamente focalizzata sull’opera che appare inizialmente nascosta dal grande muro recante una citazione di Marx: ma è da quel muro che è possibile entrare in uno spazio avvolgente che proietta con un gioco di specchi il visitatore all’interno della grande tela. L’osservatore è così obbligato a instaurare un dialogo tra se stesso e l’opera, fungendo da ponte tra l’arte e la società di ieri e di oggi.

Curatore: Katarína Rusnáková
Scientific advisor: Jiří Přibáň
Coordinatrice del progetto: Barbara Holomková
Graphic design: Zak Group

Info utili
Orari di apertura: dal 9 maggio al 22 novembre,
Martedì-Domenica, dalle 10.00 alle 18.00

 

Global Village

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Global Village
Commissario: Simone Di Conza

Curatore: Viviana Vannucci

In linea con la tematica  ufficiale della Biennale, dal titolo “Mondi”,  Global Village è una mostra dal taglio internazionale, dove ogni artista si fa interprete della sua visione del mondo come un villaggio globale, trasformando lo spazio espositivo in una sorta di rappresentazione planetaria priva di frontiere, distanze, conflitti politici e territoriali e discriminazioni razziali. L’intento, cioè, è quello che ogni opera esposta offra uno spunto o una metafora dell’idea di globalizzazione terrestre incentivata dai canali di comunicazione mediatica e dal sogno di unificazione mondiale. Questa iniziativa nasce dalla volontà di mettere a confronto i maestri italiani con quelli stranieri in una sorta d’incontro internazionale dove gli artisti comunicano attraverso il linguaggio dell’arte facendosi interpreti di questa tematica a seconda della propria cifra stilistica.
All’iniziativa hanno contribuito soggetti differenti, sia privati che istituzionali, come la Galleria Toro Arte Contemporanea, la Sallustiana Art Today, il Sindacato FUIS, l’Associazione nèa Polis Roma, i Comuni di Gerocarne, Sessa Aurunca e di Terni.

Mercoledì 19 agosto alle 18,00 al vernissage saranno presenti le telecamere di Orlando tv per una puntata speciale esclusivamente dedicata alla mostra Global Village con ospiti d’eccezione, come Francesco Paoloantoni e Giobbe Covatta. Nella stessa occasione ci sarà la presentazione del catalogo a cui interverranno  i critici Corrado Fratini e  Massimo Rossi Ruben.

Opere di: Evita Andujar, Mario Bagordo, Claudio Burei, Luigi B. Greogrio, Santo Cagliotti, Francesco Cecere, Luciano Costantini,Raf Croce, Francesco Paolo Delle Noci, Bella Dora, Haidy Fosli, Patricia Glauser, Martino Giorno, Marco Lodola, Uttam Kumar Karkamer, Dagmar Jihlavcona, Ruben Dario Martinez, Isabella Monari, Eugenio Morganti, Tania Peli, Giacomo Ponzi, Vito Rotolo, Massimo Zavoli.
Collaboratori: Francesco Toro, Claudia Grasso, Francesca Triticucci, Alessandro Orlando, Massimo Ross Ruben, Corrado Fratini
Global Village è un progetto espositivo organizzato dalla Luxarte srl, concomitante alla Biennale d’Arte di Venezia 2015

Info utili
Vernice: mercoledì 19 agosto ore 18.00
Orari di apertura: dal 19 agosto al 30 agosto,
martedì-domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

Le città invisibili

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A cura di Gaia Conti e Christina Magnanelli Weitensfelder

Alberto Andreis e Giovanni Marinelli sono i protagonisti di una bi-personale il cui oggetto è l’interpretazione della realtà attraverso lo studio della città come organismo fisico e meta-fisico.
Il titolo dell’esposizione, Le città invisibili, è un chiaro omaggio alla sorprendente, e ancor oggi innovativa, opera del grande scrittore italiano Italo Calvino.
Lo spirito dell’esposizione è raccontare di una città personale, intima, nascosta, di città che potrebbero essere qui, ma forse si trovano altrove. Un altrove, che essendo difficilmente localizzabile, le rende di fatto invisibili.
Giovanni Marinelli, è un fotografo di lungo corso che in questa nuova produzione riesce a cristallizzare in un gesto un’atmosfera, un pensiero. L’artista individua nell’oscurità e nel non detto il suo modus operandi. Poca, pochissima luce, quasi il buio totale. Il nero è il colore dell’inconoscibile. I suoi Blackplaces creano una comunicazione liberata dai canoni tradizionali, che tende a sussurrare l’incomunicabile, piuttosto che gridarlo apertamente, una determinazione interiore velata da nostalgia, da tristi ricordi che affiorano piano piano.
Le atmosfere degli scatti di Alberto Andreis, artista poliedrico, sono altrettanto nostalgiche, anche se fattivamente dissimili. Il suo lavoro si muove in un territorio di prossimità, ma non di compiuta identificazione e i suoi sono dei soggetti urbani non asserviti alle esigenze della visualizzazione architettonica. Blues, Reds, BlacksGreens – i titoli delle immagini, i blu, i rossi, i neri e i verdi. Il filo conduttore che lega la sua narrazione sta nel particolare che sottolinea, una luce, un cartellone,un’atmosfera, un profilo diventano il punto di emanazione tematica.
La città invisibile è un’atmosfera onirica, un simbolo, è finzione e chimera, è mentire e dire la verità. La propria. Con gli occhi di chi guarda e diversamente negli occhi di chi vede. Le città invisibili di questi due fotografi ritrovano nel fondo della memoria, nell’inconscio o nella ragione, le figure di molte città, per raccontarle. Entrambi hanno la capacità di interpretare, attraverso l’arte, lo spirito del proprio tempo e restituirlo in assoluta libertà.

Info utili
Vernissage: venerdì 4 settembre, ore 18.00
Orario di apertura: dal 5 settembre al 18 ottobre
Martedì-Domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

Le Fil(le) Rouge

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A cura di Gaia Conti

Le Fil(le) Rouge, esposizione personale di Marco Onofri, presenta in anteprima a Venezia il nuovo lavoro del fotografo romagnolo. La mostra, a cura di Gaia Conti, si caratterizza per una lettura antropologica della dimensione della danza intesa come simbolo, come espressione di un rito lungo l’arco di un’unica coreografia in 9 tempi.

Le fil(le) rouge, il titolo dell’esposizione, è un gioco di parole. Uno sfondo nero come la pece e al centro della scena, protagonista e decisa, si muove morbida una fille, una ragazza, che si dipana tra un’immagine e l’altra come un filo – il fil – quello che lega ogni foto: un intenso vestito rouge, rosso. Ed è proprio il movimento di quest’abito, del quale si riesce quasi a percepire il fruscio, che è in grado di evocare un’atmosfera di illusione tra il conscio e l’inconscio. Il colore del fuoco, del sangue e dell’aggressività. Tutti sentimenti acuti che indicano uno stato di eccitazione, ma allo stesso tempo di fierezza e orgoglio.
Guardare queste immagini è come leggere i capitoli di un Cappuccetto rosso moderno nel quale il lupo da cui fugge è il nero profondo che circonda, ma non riesce ad inghiottire, l’eroina. Non le serve il cappuccio per nascondere il volto in questa sorta di fuga senza fine, una lotta fiera, che passa da un riquadro all’altro, mutando la sua posizione, contorcendosi, concedendo spazio all’oscurità per poi riprenderselo. Celebrazione, spiritualità, erotismo.
Un richiamo alla mente a figure intense come quella della ballerina americana Martha Graham che con il suo corpo esile riusciva a far vibrare le emozioni. Un accenno a figure iconiche dell’arte come la danzatrice Loie Fullerche immortalata in un disegno tutta movimento e colore, da Toulouse Lautrec; ma quel vestito non fa che ricordarmi la Donna inginocchiata con vestito rosso di Egon Schiele, che sembra quasi volersi alzare e intraprendere la stessa danza, quel viso così altèro e quegli occhi pungenti.
La danza che Marco Onofri mette in scena è effimera e raffinata, attuale e primordiale allo stesso tempo è, come dice Nietzsche nel saggio La visione dionisiaca del mondo, un “linguaggio di gesti potenziato” verso l’immaginario traguardo delle nostre sfide quotidiane.

Info utili
Vernissage: venerdì 4 settembre, ore 18.00
Orario di apertura: dal 5 settembre al 18 ottobre
Martedì-Domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

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