Commissario: Daniele Radini Tedeschi
Curatori: Carlo Marraffa, Stefania Pieralice, Elsie Wunderlich
Opere di: Sabrina Bertolelli, Mariadolores Castellanos, Max Leiva, Pier Domenico Magri, Adriana Montalto, Elmar René Rojas, Paolo Schmidlin, Mónica Serra, Elsie Wunderlich, Collettivo La Grande Bouffe
Collaborazioni: Daniele Accossato, Monica Anselmi, Luigi Bianchini, Ennio Calabria, Luigi Citarrella, Teresa Condito, Maurizio Gabbana, Garullo & Ottocento, Carlo Guidetti, Marisa Laurito, Carmelo Leone, Carlo Maltese, Carlo Marraffa, Fatima Messana, Paolo Residori, Salvatore Ruggeri, Jucci Ugolotti
Il tema della mostra trae sì ispirazione dal libro di Mann, dal film di Visconti, dall’opera di Britten, ma soprattutto affronta il concetto della “morte-finitudine” intesa come decadenza e perdita valoriale nella società contemporanea, il tutto però espresso attraverso il linguaggio della gioia e del colore, tramite un approccio dolce e lezioso.
Esemplificativo a tal proposito è lo scenario offerto dal cimitero di Chichicastenango, in Guatemala, dove le tombe sono coloratissime, i bambini giocano tra i loculi, i ragazzi si baciano e gli anziani ridono tra le lapidi. Direttamente dai riti Maya, il lutto conserva i suoi colori: tombe bianche per i padri, turchesi per le madri, blu per i bambini, gialle per i nonni.
In questa mostra artisti guatemaltechi e internazionali si confronteranno sul tema della morte rivivendo una situazione affine a quella di Gustav von Aschenbach, invecchiato ma affascinato dalla bellezza del giovane Tadzio e per questo incipriato da un trucco caricaturale; allo stesso modo l’Arte, oggi “senile” e morente, tenterà un ringiovanimento artificiale.
Per Gino de Dominicis infatti l’arte sumera – nel nostro caso quella maya- era “giovane” mentre quella a lui contemporanea “vecchia”, attraverso un metro essenzialmente cronologico.
Venezia così diviene la scenografia perfetta per questo paesaggio dell’anima, commistione tra gusto Rococò, carnevalesco e festoso, fuso assieme ad un senso di melodramma solenne.
L’inseguimento di una Bellezza, evocata tramite immagini contraddittorie e spesso vistose, è come il belletto, un palliativo grottesco e visibile, incapace di nascondere la morte. E quel trucco altro non è che il variopinto cromatismo delle tombe guatemalteche, un modo per esorcizzare la fine dell’uomo e umanizzare il trapasso.
In più tutta l’esposizione recherà in ogni opera un easter egg, una traccia segreta e accessibile solo dietro una riflessione, ennesima maschera atta a nascondere una realtà alternativa.
In un gioco di sovrapposizione di ruoli, frutto di un rapporto scherzoso e osmotico, gli artisti italiani conferiranno ai guatemaltechi tocchi maya e spinte coloristiche, al contrario il Guatemala offrirà esempi di arte “diluita e influenzata” dal colonialismo. Sarà presente quindi una poligamia artistica multicolore, priva di frontiere, con gustose scenografie e combinazioni tra sacro e profano.
Accanto agli espositori invitati figureranno i collaboratori, artisti anch’essi, simili alle maestranze quattrocentesche, ossia personificazioni di un mestiere a tutto tondo, uniti assieme nel grande affresco della vita.
Info utili
Vernissage: 8 maggio 2015, ore 15.30
Orari di apertura: dal 9 maggio al 22 novembre,
martedì-domenica, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero